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I MISTERI DEL ROSARIO NELL'ARTE

 

In questo periodo particolare proponiamo un percorso di grandi opere della storia dell’arte che rappresentano i misteri del rosario.

Le opere sono accompagnate dai commenti di Romano Guardini, Luigi Giussani, Giovanni Paolo II e altre grandi figure del nostro tempo e del passato.

 

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MISTERI GAUDIOSI

 

 

1 L'Annunciazione, Ambrogio Lorenzetti, 1344, Pinacoteca Nazionale di Siena

«... che tu, o Vergine, hai portato a Elisabetta».laquo;Ecco, io sono l'ancèlla del Signore, si faccia di me un secondo la tua parola» (Le 1, 31.38). Nessun altro evento si compì mai con tanta semplicità, eppure la decisione, che fu presa in quell'ora, congiunge la terra al cielo. Questo evento si ripete spiritualmente nella vita di ogni fedele.

Romano Guardini 

 

 

1 William Congdon, Annunciazione, 8 December 1960

Le parole dell'Angelo potevano confondere di stupore e di umiltà la giovinetta cui erano indirizzate. Però non erano tali da essere totalmente incomprensibili; avevano qualche cosa per cui erano comprensibili all'animo di quella ragazza che viveva i suoi doveri religiosi. La Madonna le ha abbracciate: «Io sono la serva del Signore. Avvenga di me secondo la tua parola». Non perché capisse, ma nella confusione diventata sterminata per il Mistero che si annunciava vibrando nella sua carne, la Madonna aprì le sue braccia, le braccia della sua libertà e disse: «Sì». E stette all'erta tutti i giorni, tutte le ore, tutti i minuti della sua vita. Lo stato d'animo della Madonna, quello stato d'animo che opera un atteggiamento e lo decide di fronte alle occasioni e al tempo, lo stato d'animo della Madonna come si può definire meglio che con la parola "silenzio"? Il silenzio proprio come colmo di memoria. Due cose contribuivano a questa memoria, due cose determinavano questo silenzio. La prima era il ricordo dell'accaduto. L'accaduto conservava intatta la sua meravigliosità, il suo mistero vero, il suo mistero di verità, perché - ed è la seconda cosa - aveva qualcosa di presente: quel Bambino, quel giovane presente, quel Figlio presente.

Luigi Giussani

 

 

 

1 L’annunciazione, 1118, Portale della Basilica di San Zeno, Verona

Fiat, come un soffio: ecco, come era nulla quella piccola ragazza di quindici anni, così questo enorme gesto - senza del quale tutta la storia dell’universo sarebbe cambiata, anzi, non sarebbe cambiata -, questo gesto, fiat, che ha avuto un valore decisivo per tutto quanto il mondo, è come un soffio: è il soffio della libertà. E la libertà è capacità di aderire all’Essere, al Mistero, all’Essere che si rivela attraverso il Mistero, al Mistero che invade la nostra vita. [...] La grandezza dell’uomo, dunque, è nella fede, la grandezza dell’uomo è nel riconoscere la grande Presenza dentro una realtà umana. Perché la grande Presenza, così confusa come il pensiero può immaginarla, è ancora poco incidente. La fede come riconoscimento della grande Presenza dentro il nulla, la pochezza, l’umiltà di una cosa creata, di un avvenimento storico, di un fatto storico, della vita di una giovane donna - «Beata te che hai creduto all’adempimento della parola di Dio» -, è questa fede che diventa protagonista della storia.

Luigi Giussani

 

 

 

 

 

2 La Visitazione, Domenico Ghirlandaio, 1491, Museo del Louvre, Parigi

E’ il tempo che segue al messaggio dell'Angelo, che fu per Maria al tempo stesso pieno di beatitudine e d'angoscia. Nessuna donna ha conosciuto una felicità pari alla sua, ma nessuna ebbe a rinchiudersi in un tale silenzio; come può riferire l'accaduto in modo che le si creda? Non la capirà nemmeno colui cui s'è promessa per la vita - anzi lui meno di ogni altro poiché il fatto lo tocca più da vicino. Qui veramente incomincia la sua dedizione. Il suo onore e il suo disonore, la sua vita e la sua morte sono nelle mani di Dio. In questo frangente Ella lascia la sua casa per recarsi al di là dei monti, da Elisabetta, la donna materna cui è legata evidentemente da antica confidenza. Ella, così spera Maria angosciata, capirà quel che è avvenuto: così è infatti, poiché lo stesso Spirito che ha operato in Maria, opera anche in Elisabetta che conosce la verità prima ancora che le venga comunicata: «Benedetta tu sei tra le donne e benedetto il frutto del tuo seno!» (Le 1, 42).

Romano Guardini

 

 

 

 

2 Beato Angelico, Visitazione, 1430 circa, Museo diocesano, Cortona

La Parola di Dio non è espressione letteraria, ma è indice di un avvenimento, è sempre un fatto: la Parola di Dio è Cristo. La Sua parola parte dalla promessa di un avvenimento. La figura della Madonna è tutta riempita di memoria, la parola del suo popolo, e tutta protesa a ciò che gli avvenimenti significano (l'annuncio dell'Angelo, il saluto di Elisabetta). Per questo Elisabetta ha usato la miglior espressione che si potesse dire di una persona: «Beata colei che ha creduto all'adempimento della parola del Signore». Anche a ognuno di noi, con la trasmissione della fede, è stato detto che la vita ha un destino. Nella sincerità del nostro cuore può riecheggiare in modo vero il Magnificat. Qualunque sia la condizione attuale della nostra vita è gratitudine perché cammino a quel destino in cui vedremo Dio. La Madonna, il giorno dopo l'annuncio, nella luce mattutina nuova, decise di andare subito ad aiutare la cugina Elisabetta che dall'Angelo aveva sentito incinta di sei mesi; e fece a piedi quei centoventi chilometri di strada di montagna, velocemente, come dice il Vangelo. E la carità quello che nasce da questa luce mattutina con cui anche noi ci alzeremo tutte le mattine, con cui affronteremo tutte le ore undici della giornata, o le ore quattro della giornata, o le ore ventidue della giornata; questa luce mattutina ci da una tenerezza verso gli uomini, verso gli uomini sconosciuti e verso gli uomini ostili, verso gli uomini estranei; non più estranei, ma parte di noi.

Luigi Giussani

 

 

 

2 Mariotto Albertinelli, Visitazione (particolare), 1503, Museo degli Uffizi, Firenze

...non appena Elisabetta riceve il saluto da Maria, il bambino che porta nel grembo – Giovanni – sussulta di gioia. Quelle del Profeta non sono più soltanto parole, ma si sono fatte carne e sangue, fino al punto che questa gioia è diventata esperienza presente, reale: «Ha sussultato di gioia nel mio grembo» (Lc 1,39-45). Domandiamoci: il cristianesimo è un devoto ricordo o è un avvenimento che accade oggi esattamente come è accaduto duemila anni fa? Guardiamo i tanti fatti che i nostri occhi vedono in continuazione, che ci sorprendono e ci stupiscono [...] C’è Uno in mezzo a noi che fa sussultare il “bambino” che ciascuno di noi porta in grembo, nel nostro intimo, nella profondità del nostro essere. Questa esperienza presente ci testimonia che l’episodio della Visitazione non è soltanto un fatto del passato, ma è stato l’inizio di una storia che ci ha raggiunto e che continua a raggiungerci nello stesso modo, attraverso incontri, nella carne e nel sangue di tanti che incontriamo per la strada, che ci muovono nell’intimo.

Julian Carron

 

 

 

 

 

3 Natività, William Congdon, 1960

È l'ora della notte santa in cui il Bimbo divino entra nel nostro mondo, diventa nostro fratello e prende su di sé il destino del Salvatore ... «Venne per lei il momento del parto. E diede alla luce il suo Figliuolo primogenito» (Le 2, 6-7). Questo è avvenuto per noi tutti e il cantico di gioia per questo felice evento non avrà mai fine sulla terra. Nella stessa ora avviene anche una cosa che riguarda solamente Maria: Cristo si manifesta apertamente nella esistenza personale di Lei. Egli nasce nel suo spirito e nel suo cuore. La situazione di attesa diventa ora una comunione di vita faccia a faccia. Ineffabile realtà: Colui ch'è suo Figlio è anche il suo Redentore! Quando lo guarda, vede Colui che è la «manifestazione del Dio vivente». Quando il suo cuore si gonfia, il suo impeto d'affetto va a Colui che è venuto nell'amore del Redentore. Quando assiste la sua tenera creatura, serve il Signore stesso che le si presenta sotto l'aspetto della debolezza umana. Questo avviene spiritualmente in ogni cristiano tutte le volte che la vita interiore, intuita nella fede, entra nella chiarezza dell'intelligenza, nella evidenza dell'azione, nella decisione della testimonianza. In ognuno di noi nasce il Cristo tutte le volte ch'Egli compenetra in modo essenziale e decisivo un'azione o un sentimento. In un caso però ciò avviene con particolare significato: quando il Cristo ci appare in maniera tutta luminosa e forte, al punto da diventare la realtà dominante della nostra vita interiore.

Romano Guardini

 

 

 

 

3 Marc Chagall, natività e croce

È lui che, guardando dentro l'origine di tutto, spinge anche noi a non fermarci alla croce ma ad andare al cuore del messaggio di Cristo: nulla di ciò che accade è fuori dallo sguardo del Padre. Ecco ciò che racconta il Cristo che nasce: lo sguardo del Padre è su di noi, sulle nostre croci, il suo braccio potente non si è accorciato, ma nella sua misericordia interverrà per vie che ora sfuggono alle nostre miopie.

Maria Gloria Riva

 

Ma che cos’è, cristianamente parlando, il distacco nell’avere le cose? È la verginità: è l’ideale della vita cristiana, il possesso vero delle cose. È un valore da vivere in tutte le vocazioni. Questo coraggio del sacrificio fa possedere di più tutto, perché tutto appartiene a Cristo, come io appartengo a Lui. Il sintomo della maturità della fede è la memoria, per cui Cristo, reso presente fra noi, diventa familiare a noi in ogni luogo (non solo in chiesa) e da ciò nasce il coraggio di possedere le cose nella verginità, come la Vergine Maria ci ha insegnato.

Luigi Giussani

 

 

 

 

3 Sandro Botticelli, La Vergine adora il bambino che dorme, National Gallery of Scotland, Edimburgo

«Chi vuol dire il vero si converta alla verità. Ma questa era lontana. La verità è sorta dalla terra. Tu dormivi, essa venne a te; tu eri in coma, essa ti ha svegliato; ti ha fatto strada con la sua persona per non perderti. Concludendo: La verità è sorta dalla terra, cioè il Signore nostro Gesù Cristo è nato da una vergine; la giustizia si è affacciata dal cielo affinché gli uomini diventassero giusti non di una giustizia propria, ma di quella di Dio».

Sant’Agostino

 

Nella stalla di Betlemme cielo e terra si toccano. Il cielo è venuto sulla terra. Per questo, da lì emana una luce per tutti i tempi; per questo lì s’accende la gioia; per questo lì nasce il canto.[...] Il cielo non appartiene alla geografia dello spazio, ma alla geografia del cuore. E il cuore di Dio, nella Notte santa, si è chinato giù fin nella stalla: l’umiltà di Dio è il cielo. E se andiamo incontro a questa umiltà, allora tocchiamo il cielo. Allora diventa nuova anche la terra.

Benedetto XVI

 

 

 

 

 

4 La Presentazione al Tempio, di Giovanni Bellini, 1460, Fondazione Querini Stampalia, Venezia

E il momento in cui Maria, quaranta giorni dopo il parto, presenta a Dio il suo Bambino nel tempio, com'era prescritto dalla Legge. Ogni primogenito appartiene a Dio, questo però in un modo che supera ogni possibilità della parola. Piena di dignità nella sua povertà, Ella pone il Bambino fra le braccia del sacerdote e lo riceve di ritorno dietro la modesta offerta. Simeone predice al Bimbo il destino di Salvatore e a Lei il dolore che l'attende: «Questo bambino è destinato ad essere causa di rovina e di resurrezione di molti in Israele e a diventare un segno di contraddizione; a tè poi una spada trapasserà l'anima e così saranno rivelati i pensieri di molti cuori» (Le 2, 34-35). Nella dolcezza della prima festa risuona già l'accento amaro della Passione. Maria ha ricevuto il suo Bambino da Dio e gli ha messo a disposizione tutto il suo essere; Egli è tutto, per Lei; pure non le appartiene in proprio: il primo atto solenne della sua maternità è un sacrifìcio. Quello che ci viene dato da Dio, quando noi crediamo e obbediamo, non appartiene alla nostra natura. La vita nuova non è nostra come un'inclinazione o un tratto del nostro carattere o un evento qualsiasi della nostra esistenza; è un dono, e tale rimane. È sotto la volontà e la guida di Dio e dobbiamo essere sempre pronti a seguire la voce che ci distoglie dal nostro «io» e ci chiama a un dovere, a una rinuncia, a un destino che hanno un senso soltanto nella volontà di Dio.

Romano Guardini 

 

 

 

 

4 Maestro Niccolò, Presentazioe di Gesù al Tempio, 1138, Basilica di San Zeno, Verona

Quanto ci fa bene, come Simeone, tenere il Signore «tra le braccia» (Lc 2,28)! Non solo nella testa e nel cuore, ma tra le mani, in ogni cosa che facciamo: nella preghiera, al lavoro, a tavola, al telefono, a scuola, coi poveri, ovunque. Avere il Signore tra le mani è l’antidoto al misticismo isolato e all’attivismo sfrenato, perché l’incontro reale con Gesù raddrizza sia i sentimentalisti devoti che i faccendieri frenetici. Vivere l’incontro con Gesù è anche il rimedio alla paralisi della normalità, è aprirsi al quotidiano scompiglio della grazia. Lasciarsi incontrare da Gesù, far incontrare Gesù: è il segreto per mantenere viva la fiamma della vita spirituale. È il modo per non farsi risucchiare in una vita asfittica, dove le lamentele, l’amarezza e le inevitabili delusioni hanno la meglio. Incontrarsi in Gesù come fratelli e sorelle, giovani e anziani, per superare la sterile retorica dei “bei tempi passati” – quella nostalgia che uccide l’anima –, per mettere a tacere il “qui non va più bene niente”. Se si incontrano ogni giorno Gesù e i fratelli, il cuore non si polarizza verso il passato o verso il futuro, ma vive l’oggi di Dio in pace con tutti.

Papa Francesco

 

 

 

4 Ambrogio Lorenzetti, Presentazione al Tempio, 1342, Gallerie degli Uffizi, Firenze

 

Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza preparata da te davanti a tutti i popoli; luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele.

Cantico di Simeone

 

Simeone, Anna - e noi tutti insieme con loro - ringraziamo per il fatto che “i nostri occhi hanno visto la sua salvezza” (cf. Lc 2, 30), che Dio ha preparato “davanti a tutti i popoli” (Lc 2, 31); ringraziamo per il fatto che a loro - e a noi - è stato dato il vedere “la luce”. Gesù Cristo - la luce del mondo -costituisce il contenuto di questa preghiera pronunciata nel tempio dal vecchio Simeone perispirazione dello Spirito Santo. La figura del vecchio, che prende nelle sue braccia il Bambino di appena quaranta giorni di vita, ha una eloquenza senza paragoni. E le sue parole, pronunciate in lingua umana, sono veramente sovrumane. Tutta la grandezza e la semplicità della Rivelazione, della verità che proviene da Dio, sono racchiuse in questo avvenimento.

Giovanni Paolo II 

 

 

 

 

5 Ritorno di Gesù dal Tempio, Simone Martini, 1342, Walker Art Gallery, Liverpool

Proviamo a immedesimarci nella realtà della Madonna. La sua autorità, l'autorità per lei e per il suo sposo, Giuseppe, chi era? La presenza di quel Bambino, che magari non parlava ancora, che quando ha incominciato a parlare e ad agire fece quella sortita a dodici anni, che stupisce come un istante di Mistero che solleva il suo velo; l'autorità era quella Presenza, per cui la regola era la convivenza con quel Bambino, con il loro Bambino. Tutto ciò vive come coscienza. La coscienza è un occhio spalancato sul reale, che come tale non passa. Factum infectum fieri nequit: non si può impedire che una cosa che è fatta, sia. Ciò che è fatto rimane per sempre. La regola della Madonna era la presenza di quel Bambino. Così preghiamo la Madonna che ci aiuti a partecipare a questa coscienza con cui ha vissuto; che una Presenza costituisca la regola della nostra vita e quindi la compagnia della nostra vita e l'autorità nella nostra vita e la dolcezza della nostra vita. Questo ideale deve essere l'ideale pregato, domandato, richiesto, mendicato, di ogni giornata.

Luigi Giussani

 

 

 

 

5 Lorenzo Ghiberti, Cristo tra i dottori, 1424, Porta nord del battistero del Duomo di Firenze.

Dall'evento precedente a questo sono passati dodici anni e altri diciotto ne passeranno fino al prossimo. Nella Sacra Scrittura il silenzio avvolge l'infanzia, l'adolescenza e la giovinezza di Gesù e nulla noi sappiamo di questi trent'anni all'infuori di quello che i Vangeli narrano dei primi tempi. In trent'anni, un solo episodio emerge: a dodici anni Gesù adempie al precetto della Legge, recandosi per la prima volta in pellegrinaggio a Gerusalemme. Quivi si trattiene nel tempio, senza che i suoi lo sappiano, e Maria è in ansia per il Figlio. Quando finalmente lo ritrova «nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, in atto di ascoltarli e interrogarli» l'aspetta un'angoscia anche più grande, perché alla sua domanda inquieta: «Figlio, perché ci hai fatto questo?». Gesù risponde: «Perché mi cercavate? non sapete che io devo attendere a ciò che riguarda il Padre mio?». Nell'intima unione fra Madre e Figlio è penetrata una forza che le porta via il Fanciullo: la potenza del Padre. Come ciò sia penoso per Lei, e quanto sia grande la tristezza che sconvolge il suo cuore ce lo dice la frase che segue: «Ma essi non compresero la sua risposta» (Le 2, 46-50). Ciò si ripete spiritualmente nella vita d'ogni credente. Cristo le appartiene: l'anima è sicura di Lui nella fede e amando ne partecipa. Ma poi Egli sparisce, talvolta in modo improvviso e senza una ragione evidente. Sopravviene una distanza, si forma un vuoto: l'anima si sente abbandonata, la fede le sembra pazzia, deve tener viva la speranza «contro ogni speranza» (Rm 4, 18). Tutto diventa difficile, faticoso, privo di senso. Deve procedere e cercare da sola. Ma un giorno ritrova il Cristo e comprende la potenza della volontà del Padre, a cui appartiene.

Romano Guardini

 

 

 

5 Giotto, Gesù tra i dottori della legge, 1305, Cappella degli Scrovegni, Padova.

 

«Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo essere in ciò che è del Padre mio?» (2,49).

Qui, quando Gesù è ancora pienamente inserito nella vita della Famiglia di Nazaret, è importante notare la risonanza che può aver avuto nei cuori di Maria e Giuseppe sentire dalla bocca di Gesù quella parola «Padre», e rivelare, sottolineare chi è il Padre, e sentire dalla sua bocca questa parola con la consapevolezza del Figlio Unigenito, che proprio per questo ha voluto rimanere per tre giorni nel tempio, che è la «casa del Padre». Da allora, possiamo immaginare, la vita nella Santa Famiglia fu ancora più ricolma di preghiera, perché dal cuore di Gesù fanciullo – e poi adolescente e giovane – non cesserà più di diffondersi e di riflettersi nei cuori di Maria e di Giuseppe questo senso profondo della relazione con Dio Padre.

Benedetto XVI

 

 

 

 

MISTERI DOLOROSI

 

 

1 Orazione nell’Orto. Andrea Mantegna, 1455, National Gallery di Londra

Soltanto il mistero del Getsemani. E dietro ad esso l’oscuro mistero del peccato, con tutto ciò che il peccato trascina con sé – soltanto il mistero del Getsemani dà la vera risposta: il fatto che il Signore fu «triste sino a morire»; e che egli ha portato tutto il perso dell’essere, aggravato sino in fondo, secondo la volontà del Padre.

Romano Guardini

 

 

 

1 Paul Gauguin, Cristo e il Giardino degli Ulivi, 1889, Norton Museum of Art, Palm Beach, Florida USA

"...questa umiliazione del Getsemani è essenziale per la missione dell'Uomo-Dio. Egli porta in sé la nostra sofferenza, la nostra povertà, e la trasforma secondo la volontà di Dio. E così apre le porte del cielo, apre il cielo: questa tenda del Santissimo, che finora l’uomo ha chiuso contro Dio, è aperta per questa sua sofferenza e obbedienza”.

Benedetto XVI

 

 

1 Pietro Perugino, Orazione nell’orto, 1495, Gallerie degli Uffizi, Firenze

“Abbà, Padre!” Parola di fiducioso abbandono, che rivela l'abisso di amore nel quale vive Gesù, come Figlio del Padre. Tutto egli può confidare al Padre: paure, necessità, desideri. Al Padre tutto è possibile. Ma Gesù non si impone al Padre. “Mio cibo - aveva detto un giorno - è fare la volontà di colui che mi ha mandato” (Gv 4,34). E lo riafferma ora, immerso nell'angoscia estrema. Una sola cosa è buona: ciò che vuole il Padre. Svuotato, spoglio di sé, Gesù è tutto dono, risposta senza riserve all'abisso d'amore del Padre. Ecco il destino di noi uomini: vivere da figli, abbandonati con totale fiducia al Padre, fino a lasciare che il Figlio viva in noi e informi tutti i nostri atti, perché diveniamo nel mondo mani della Provvidenza, strumenti di pace e di unità.

Miroslav Vlk

 

 

 

 

 

2 La Flagellazione di Cristo, Caravaggio, 1608, Museo nazionale di Capodimonte, Napoli

«Allora rimise in libertà Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù lo consegnò perché fosse crocifisso» (dal Vangelo di Matteo 16, 36 - 40). «Gesù è venuto per rivelare l’amore e a questa missione è stata chiamata ad unirsi in modo speciale Maria. Un amore che come quello del figlio trova la più concreta espressione nei riguardi di coloro che ancora oggi sono poveri, soffrono, sono perseguitati, torturati; di coloro che oggi sono oppressi e peccatori. A questo amore “misericordioso” partecipa Maria e in lei e per mezzo di lei esso non cessa di rivelarsi nella storia della Chiesa e dell’umanità. All’innocente è stato preferito il malfattore, perché dalle piaghe di Cristo noi tutti, i peccatori, fossimo guariti»

Giovanni Paolo II

 

 

 

2 Cimabue, Flagellazione, 1285 circa, Frick Collection, New York

La compagnia dell'Uomo-Dio alla nostra vita è diventata tragedia, inconcepibile, inimmaginabile, che sfida l'immaginazione di chiunque. In tutti i secoli della storia non si può immaginare - neanche per gioco, fosse una fiaba - una tragedia più grande di questa: la compagnia di Dio fatto carne dimenticata, oltraggiata dall'uomo; tragedia che nasce dal cinismo delle nostre istintività perseguite. Si danno convegno attorno a questo "legno", la cattiveria dell'uomo che vien meno alla chiamata dell'Infinito, i disastri che questo delitto provoca, così che la morte dell'Uomo-Dio è la somma e il simbolo di tutti questi disastri. E, nello stesso tempo, pure si da convegno la potenza irresistibile di Dio, perché proprio quel supremo disastro, quella cattiveria diventano strumento per una vittoria e per una redenzione di essa. Questo è l'enigma che Dio mantiene nella vita, perché questo grande disegno di bontà, di saggezza, di sapienza e di amore deve essere prova, deve attuare l'idea di prova. Perché prova? Perché il mondo è nel male, il mondo è posto nel Maligno.

Luigi Giussani

 

 

 

 

2 La flagellazione di Gesù, 1118, Portale della Basilica di San Zeno, Verona

Questa scena di condanna la conosciamo bene: è cronaca quotidiana! Però una domanda ci brucia nell’anima: perché è possibile condannare Dio? Perché Dio, che è Onnipotente, si presenta nella veste della debolezza? Perché Dio si lascia aggredire dall’orgoglio e dalla prepotenza e dall’arroganza umana? Perché Dio tace? Il silenzio di Dio è il nostro tormento, è la nostra prova! Ma è anche la purificazione della nostra fretta, è la terapia della nostra voglia di vendetta. Il silenzio di Dio è la terra dove muore il nostro orgoglio e sboccia la fede vera, la fede umile, le fede che non pone domande a Dio, ma si consegna a Lui con la fiducia di un bimbo.

Angelo Comastri

 

 

 

 

 

 

3 Il Cristo deriso, Beato Angelico, 1440, Convento di San Marco, Firenze

Quella piccola testolina che la Madonna, come ogni madre davanti al figlio neonato, avrà stretto senza stringerla, accarezzata con delicatezza come fa ogni madre, guardata con stupore e con ammirazione, sarebbe dovuta essere incoronata di spine. Salve caput cruentatum. Come la Madonna risentiva in sé questo male del mondo, senza dettaglio e senza accuse, ma come dolore già sterminato che doveva culminare nello sguardo alla morte di suo Figlio!

Luigi Giussani

 

 

 

 

3 Caravaggio, l'Incoronazione di spine, 1603, Palazzo degli Alberti, Prato

Il Figlio incarnato, il “Logos” incarnato, è coronato con una corona di spine; e tuttavia proprio così, in questa figura sofferente del Figlio di Dio, cominciamo a vedere la bellezza più profonda del nostro Creatore e Redentore; possiamo, nel silenzio della “notte oscura”, ascoltare tuttavia la Parola. Credere non è altro che, nell’oscurità del mondo, toccare la mano di Dio e così, nel silenzio, ascoltare la Parola, vedere l’Amore.

Benedetto XVI

 

 

 

3 Giotto, Cristo deriso, 1305, Cappella degli Scrovegni, Padova

Non è il potere che redime, ma l’amore! Questo è il segno di Dio: Egli stesso è amore. Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell’umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini.

Benedetto XVI

 

 

 

 

 

 

4 Salita al Calvario, Giacomo Jaquerio, 1430, abbazia di Sant'Antonio di Ranverso (TO)

Dio venuto tra gli uomini va al patibolo: sconfitto, un fallimento; un momento, una giornata, tre giornate di nulla, in cui tutto è finito. Questa è la condizione, la condizione del sacrificio nel suo significato più profondo: sembra un fallimento, sembra di non riuscire, sembra che gli altri abbiano ragione. Il rimanere con Lui anche quando sembra che tutto finisca o sia finito, rimanergli accanto come ha fatto Sua Madre: solo questa fedeltà ci porta, presto o tardi, all'esperienza che nessun uomo al di fuori della comunità cristiana può provare nel mondo: l'esperienza della Resurrezione. E noi siamo capaci di lasciarlo per altro amore questo Cristo che si inoltra nella morte per salvarci dal male, cioè affinché noi cambiamo, perché il Padre eterno rigeneri in noi quello che il delitto della dimenticanza ha surclassato! Quest'uomo che si avventa sulla croce per brandirla, per abbracciarla, per inchiodarvisi sopra, per morire, una cosa con quel legno, «lasceremolo noi per altro amore»? Si svena quell'Uomo per noi e noi dobbiamo lasciarlo per altro amore?

Luigi Giussani

 

 

 

4 Ugolino di Nerio, Salita di Cristo al monte Calvario,1325, National Gallery, Londra

«... Gesù che per noi ha preso su di sé la pesante croce. Tutto quel che ci pesa nella nostra esistenza raggiunge qui il massimo del suo orrore: la fatica, le miserie, i dolori, le persone che ci circondano, il nostro essere, la pesantezza dell'animo, l'intimo vuoto, l'insopportabilità di tutte le cose. In fine dei conti tutto è «peso»; non perché la vita sia dolorosa anziché lieta, ma perché il peccato vi ha portato la maledizione della pena. L'uomo cerca di sottrarvisi; non vuole accettarla, non vuole sopportarla: ignavia, viltà, resistenza contro il peso della vita, tutto ciò diventa qui per Cristo la sofferenza di dover portare ciò che supera le sue forze. L'antica dottrina della vita spirituale addita l'accidia, l'ignavia come la prima e più dannosa delle debolezze umane. Qui possiamo comprenderne la ragione; possiamo capire meglio noi stessi, quale sia il nostro posto, quale il peso che abbiamo da portare, la fatica da sostenere, il compito in cui dobbiamo perseverare - la nostra pena personale in cui s'aduna, per così dire, la pena dell'esistenza umana.

Romano Guardini

 

 

 

4 Beato Angelico, Andata al Calvario, 1453, Armadio degli Argenti – 1451, Museo di San Marco, Firenze

L’esempio di Maria fa meglio apprezzare alla Chiesa il valore del silenzio. Il silenzio di Maria non è solo sobrietà nel parlare, ma soprattutto capacità sapienziale di fare memoria e di raccogliere in uno sguardo di fede il mistero del Verbo fatto uomo e gli eventi della sua esistenza terrena. È questo silenzio-accoglienza della Parola, questa capacità di meditare sul mistero di Cristo, che Maria trasmette al popolo credente. In un mondo pieno di frastuono e di messaggi d’ogni genere, la sua testimonianza fa apprezzare un silenzio spiritualmente ricco e promuove lo spirito contemplativo.

Giovanni Paolo II

 

 

 

 

 

 

5 Marc Chagall, La Crocifissione bianca, 1938, The Art Institute, Chicago

Noi siamo peccatori e la morte di Cristo ci salva. La morte di Cristo fa diventare bene qualsiasi nostro passato, ma il nostro passato è pieno d'ombra che si chiama peccato. Ed è la morte di Cristo che ci salva. Non si può riconoscere Cristo in croce senza immediatamente capire e sentire che questa croce deve toccare noi, che non possiamo fare più obiezione al sacrificio; non c'è più obiezione al sacrificio da quando il Signore è morto. Proprio attraverso il nostro sguardo fisso sulla croce - dove è Colui che ci guarda con l'occhio fìsso dell'eternità, fisso di pietà e di volontà di salvezza, avendo pietà di noi e del nostro nulla -, attraverso lo sguardo fisso alla croce, diventa esperienza di redenzione quello che sarebbe una cosa così estranea da sembrare a noi astratta, arbitrariamente creata. È fissando la croce che noi impariamo a percepirne sperimentalmente l'invadente Presenza e l'ineluttabile necessità di grazia per la perfezione della nostra vita, per la gioia della nostra vita. è nella Madonna che la adorazione del nostro cuore trova il suo esempio e la sua forma. Infatti non fu appena per Cristo la condizione della croce: la morte di Cristo in croce salva il mondo non isolata in se stessa. Non è da solo che Cristo salva il mondo, ma è con l'adesione di ognuno di noi alla sofferenza e alla croce. Lo dice S. Paolo: «Io compio nella mia carne d'uomo i sacrifici che mancano alla croce di Cristo, alla passione di Cristo».

Luigi Giussani 

 

 

 

 

5 William Congdon, Crocefisso numero 9

Il silenzio dell'amore assomiglia al rumore dello sbattere delle ali degli angeli quando eseguono gli ordini di Dio. Questo silenzio è un amore obbediente al silenzio stesso di Dio. Il silenzio dell'amore corrisponde al suo compimento: l'incontro di due silenzi, il silenzio umano e il silenzio di Dio, che camminano insieme. Il Getsemani e il calvario di Cristo rappresentano la più bella unione di questi due silenzi.

Robert Sarah

 

 

 

5 Benedetto Antelami, Deposizione dalla croce, 1178, Cattedrale di Parma

 

È dal marzo ad oggi - eccetto la breve parentesi della prima S. Messa - che sono curvo sui libri con una intensità di studio simile perfettamente a quella così impegnativa della maturità classica. Questa limitazione, questa solitudine, questa silenziosa e faticosa rinuncia all'espansione viva dell'irruenza d'affetto che mi rigurgita nel cuore è davvero un grande sacrificio. Lo farei per tutta la vita. Proprio perché è puro sacrificio, acutissimo sacrificio, silenzioso e ignorato sacrificio.

Luigi Giussani

 

La Croce di Cristo è il capovolgimento della condizione umana, perché grazie ad essa il perdere tutto diventa un possesso totale e infinito. Là dove la vita è tolta, persino al Figlio di Dio, in realtà ci è donata per sempre. Da allora il senso della vita è questa sorpresa che nessun uomo poteva immaginare, né meritare, e neanche domandare. E questa sorpresa raggiunge l’uomo d’oggi come ogni uomo della storia.

Padre Mauro Lepori

 

 

 

 

MISTERI GLORIOSI

 

 

1 La Resurrezione di Cristo, Raffaello Sanzio, 1501-1502 circa, Museo d'Arte di San Paolo (Brasile)

Mai, come di fronte a Cristo risorto, la nostra insistenza sul chiedere, sul pregare, sul domandare (usiamo la parola che è l’essenza della preghiera: domandare), la nostra domanda deve intensificarsi.

Luigi Giussani

 

 

 

1 Piero della Francesca - Giuliano Amadei, Noli Me Tangere, 1462, Museo Civico di Sansepolcro, Arezzo

Io ho visto Gesù Cristo risorto! Questo è il fondamento della fede di Paolo, come della fede degli altri apostoli, come della fede della Chiesa, come della nostra fede. Che bello pensare che il cristianesimo, essenzialmente, è questo! Non è tanto la nostra ricerca nei confronti di Dio – una ricerca, in verità, così tentennante –, ma piuttosto la ricerca di Dio nei nostri confronti. Gesù ci ha presi, ci ha afferrati, ci ha conquistati per non lasciarci più. Il cristianesimo è grazia, è sorpresa, e per questo motivo presuppone un cuore capace di stupore. Un cuore chiuso, un cuore razionalistico è incapace dello stupore, e non può capire cosa sia il cristianesimo. Perché il cristianesimo è grazia, e la grazia soltanto si percepisce, e per di più si incontra nello stupore dell’incontro.

Papa Francesco

 

 

 

 

1 Anastasis, XII secolo, Basilica di San Marco, Venezia

 

Il cristiano, lo voglia o no, è destinato, costi quel che costi, in ogni circostanza e in ogni rapporto, secondo i modi ed i tempi stabiliti dallo Spirito, a dare testimonianza del carattere universale, cioè valido per tutti i fratelli uomini, dell’annuncio pasquale: «Surrexit Christus spes mea». A cosa uomini e donne di oggi più anelano se non una simile speranza affidabile?

Angelo Scola

 

Il bambino sa di non sapere tante cose, ma una cosa la sa: che ci sono il papà e la mamma che le sanno, allora che problema c’è? Se io sono certo di questa Presenza che invade la vita, posso affrontare qualsiasi circostanza, qualsiasi ferita, qualsiasi obiezione, qualsiasi contraccolpo, qualsiasi attacco, perché tutto questo mi spalanca ad aspettare la modalità con cui il Mistero si farà vivo per suggerirmi la risposta - per accompagnarmi a entrare perfino nel buio -, che avverrà secondo un disegno che non è il mio.

Julian Carron

 

 

 

 

2 L'Ascensione, Giotto, 1305, Cappella degli Scrovegni, Padova

L'Ascensione è la festa dell'umano. Con Gesù l'umanità fisica, carnale entra nel dominio totale con cui Dio fa tutte le cose. E’ Cristo che discende alla radice di tutto. E’ la festa del miracolo: un avvenimento che per sua forza richiama al mistero di Dio. Per questo l'Ascensione è la festa dove tutto il Mistero si raccoglie e dove si raccoglie tutta l'evidenza delle cose. E’ una festa straordinaria e stranissima, dove tutti i volti di tutte le cose si danno convegno per gridare all'uomo ignaro, distratto, oscuro e "malviso", la luce di cui sono fatte; per ridargli il significato per cui lui è entrato in rapporto con ogni cosa, per urlargli il compito che ha nelle cose, la parte sua tra le cose. Perché tutto dipende da lui: tutte le cose sono state fatte per l'uomo. Chiunque cerca di rendere testimonianza al Signore con la sua vita già fa parte del mistero della sua Ascensione, perché Cristo asceso al cielo è l'Uomo per cui tutto è fatto, l'Uomo che ha incominciato a prendere possesso delle cose del mondo.

Luigi Giussani

 

 

 

 

2 Pietro Perugino, l'Ascensione di Cristo, 1500, Musée des Beaux-Arts, Lione

Cristo è veramente risorto, è rimasto uomo e come tale è entrato nell'eternità; [...] nell'intimità di Dio non vive solo il Verbo, ma Gesù di Nazareth trasfigurato - tutto dipende da questo. Dio ha voluto e creato l'uomo in modo che ciò fosse possibile; e Dio è tale da volerlo e renderlo possibile. Non è il Dio della filosofia, o della devozione del solo spirito, ma è tutt'Altro, sconosciuto all'uomo e rivelato solo in Cristo. E sconosciuto era anche il mistero dell'uomo, che solo Cristo ha rivelato.

Romano Guardini

 

 

 

2 Michelino da Besozzo, Ascensione di Gesù, XV secolo, Pierpont Morgan Library, New York

 

“Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”

Vuoi vedere come sia il tuo amore? Osserva a che cosa ti spinge. Non vi esortiamo, quindi, a non amare, ma a non amare il mondo, affinché possiate amare con libertà colui che ha creato il mondo. Un’anima irretita dall’amore terreno è come se avesse del vischio nelle penne: non può volare. Quando invece è pura da quegli affetti luridi che l’attaccano al mondo, può – per così dire – volare con ambedue le ali spiegate: le sue ali sono libere da ogni impedimento, dove per “ali” intendo i due comandamenti dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo. E dove volerà se non verso Dio? Sì, è verso di lui che volando ascenderà, poiché in effetti amando ascende. Prima però di potersi elevare e mentre ne sente in cuore il desiderio, geme per essere ancora sulla terra e dice: Chi mi darà le ali, come di colomba, e volerò e mi riposerò?

Sant’Agostino

 

 

 

 

 

 

 

3 Pentecoste, William Congdon, 1962

Il terzo mistero: «Gesù che ci ha mandato lo Spirito Santo». La sera prima della sua Passione, il Signore aveva detto ai suoi: «Io non vi lascerò orfani» (Gv 14, 18). Quando partì, furono veramente orfani, poiché Dio non era più presso di loro nella maniera in cui lo era nella persona del Cristo. Però, nel giorno della Pentecoste, Dio tornò nella persona dello Spirito Santo da Lui mandato. Adesso non erano più orfani: l'amico, «l'appoggio», la celeste guida era con loro. La sua opera era di «introdurli in ogni verità» e «dar loro Cristo» (cfr. Gv 16, 13-14). Fra coloro sui quali discese lo Spirito Santo era anche Maria; la Scrittura lo dice espressamente e noi possiamo forse intuire quel che dovettero significare per Lei il soffio soprannaturale e le divine fiammelle. Tutte le volte che il Vangelo parla di Maria si sente la distanza che separa la madre umana dalla incomprensibilità del suo Figliuolo. Ce lo dice soprattutto la frase: «ed essi non compresero le sue parole» (Le 2, 50). Quando viene lo Spirito Santo, introduce anche Lei «in ogni verità»; «riceve ciò ch'è di Cristo e glielo da». Ora gli enigmi si risolvono. Ella riconosce l'opera di Dio e ogni evento trova il suo significato. A noi pure è mandato lo Spirito Santo e perciò non siamo orfani. Egli è con noi, purché noi vogliamo rimanere con Lui. Egli conclude la nostra vita attraverso tutto quello che ha di incomprensibile; noi però dobbiamo lasciarci guidare: quando lo supplichiamo e ci apriamo a Lui con intelligenza ed amore, Egli ci insegna a comprendere Cristo, ed in Cristo la nostra stessa esistenza. Quando poi l'oscurità rimane impenetrabile, poiché la vita terrena è sigillata, Egli ci da in un divino «ciononostante», come dice Paolo, testimonianza che siamo «figli di Dio» e la certezza che «tutto ci serve per il meglio, quando amiamo Dio» (Rm 8,16 e 28).

Romano Guardini

 

 

 

3 Beato Angelico, Pentecoste, 1455, Convento di San Marco, Firenze

 

È lo Spirito di Gesù che ci obbliga a soffrire perché il nome del verbo incarnato non è stracciato fra tante confessioni diverse. È Lui che non ci lascia in pace e ci fa pregare, mortificare, lavorare, perché la passione del nostro divin amico sia soddisfatta. […] L’unità della Chiesa non è una unità statica, ma protesa a una ineffabile unità finale. Noi siamo gente in flebile attesa, noi desideriamo di vederlo, noi desideriamo di possederlo […]. Ma in noi è una persona, Spirito di Gesù, che ci dà questa orientazione a Lui; […] che fermenta la nostra anima e la tiene sollevata nell’ansia di allentare il sospiro negato, nella soddisfazione di abbracciarlo come Egli è.

Luigi Giussani

...è Lui che mette ordine nella frenesia. Egli è pace nell’inquietudine, fiducia nello scoraggiamento, gioia nella tristezza, gioventù nella vecchiaia, coraggio nella prova. È Colui che, tra le correnti tempestose della vita, fissa l’ancora della speranza. È lo Spirito che, come dice oggi San Paolo, ci impedisce di ricadere nella paura perché ci fa sentire figli amati (cfr Rm 8,15). È il Consolatore, che ci trasmette la tenerezza di Dio. Senza lo Spirito la vita cristiana è sfilacciata, priva dell’amore che tutto unisce. Senza lo Spirito Gesù rimane un personaggio del passato, con lo Spirito è persona viva oggi; senza lo Spirito la Scrittura è lettera morta, con lo Spirito è Parola di vita. Un cristianesimo senza lo Spirito è un moralismo senza gioia; con lo Spirito è vita.

Papa Francesco

 

 

 

Lorenzo Ghiberti, Pentecoste, 1424, Porta nord del battistero del Duomo di Firenze.

In noi c'è Uno, dominatore sovrano della nostra vita di figli di Dio. Ogni contatto di pensiero e di amore con Dio è lo Spirito presente in noi che lo compie [...]. La vita che urge a tutti i pori degli esseri in primavera e che la atmosfera soave di maggio cova con fiato caldo e amoroso, non è che un simbolo come i petali delle rose che or ora sono caduti sull'altare, di questo rigurgito del divino nel mondo che noi cantiamo a Pentecoste.

Luigi Giussani

 

 

 

 

 

4 Andrea del Castagno, Assunzione della Vergine tra i santi Miniato e Giuliano, 1450, Gemäldegalerie, Berlino

Gli anni della serena attesa sono trascorsi: il Signore è venuto ed ha chiamato la Madre sua. Ella è morta, come «è destino dell'uomo morire» (Eb 9, 27), ma poi, - dice la Chiesa - Egli ha risuscitato il suo corpo puro ed immacolato. L'efficacia della sua risurrezione si è compiuta in Lei, ed Egli l'ha accolta nell'eternità. È un mistero di gioia infinita: quando la Chiesa ne parla, quando i poeti religiosi lo cantano, quando i pittori ce lo raffigurano, è come se volesse erompere qualcosa che altrimenti nell'esistenza terrena rimane nascosto. Non per nulla la festa dell'Assunzione di Maria si celebra nella pienezza dell'estate. Questo mistero ci è dato perché possiamo presentire che cosa significhi la gioia del cristiano, l'essere accolto nella gloria del Signore, l'infinito elevarsi della creazione; ci è dato perché anche nel nostro trapasso risplenda una luce divina. Il Signore, morendo e risorgendo, ha trasformato la nostra morte. La morte era conseguenza della colpa: ad esprimerlo, non sono bastate le parole, per quanto forti. In virtù della morte del Cristo però essa ha perso «il suo pungiglione» (1 Cor 15, 55): è diventata un'altra cosa. Non si compie più ora soltanto in noi e da noi, come una fine nel buio, ma anche dalla parte di Cristo. Adesso morire significa che viene il Cristo e ci chiama. La vita si spezza, ma proprio per questo s'apre una porta, e dall'altra parte c'è Lui.

Romano Guardini

 

 

 

 

4 Taddeo di Bartolo, Maria assunta in cielo,1401, Trittico del duomo di Montepulciano, Siena.

Il Cristianesimo non annuncia solo una qualche salvezza dell’anima in un impreciso al di là, nel quale tutto ciò che in questo mondo ci è stato prezioso e caro verrebbe cancellato, ma promette la vita eterna, «la vita del mondo che verrà»: niente di ciò che ci è prezioso e caro andrà in rovina, ma troverà pienezza in Dio. Tutti i capelli del nostro capo sono contati, disse un giorno Gesù (cfr Mt 10,30). Il mondo definitivo sarà il compimento anche di questa terra, come afferma san Paolo: «la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). Allora si comprende come il cristianesimo doni una speranza forte in un futuro luminoso ed apra la strada verso la realizzazione di questo futuro. Noi siamo chiamati, proprio come cristiani, ad edificare questo mondo nuovo, a lavorare affinché diventi un giorno il «mondo di Dio», un mondo che sorpasserà tutto ciò che noi stessi potremmo costruire. In Maria Assunta in cielo, pienamente partecipe della Risurrezione del Figlio, noi contempliamo la realizzazione della creatura umana secondo il «mondo di Dio».

Benedetto XVI

 

 

 

 

Andrea della Robbia, Madonna della Cintola, 1500, Liebieghaus Skulpturensammlung, Francoforte

... l’Assunta è un segno profondamente eloquente. Un segno vero, che mentre indica il regno di Dio, il quale si realizza totalmente nell’eternità, non cessa di mostrare le vie che conducono a quest’eternità divina. Su tutte queste strade ogni uomo può incontrare Maria. Anzi ella stessa viene verso ciascuno di noi, come si recò presso la casa di Zaccaria per far visita a Elisabetta. E dappertutto è dato ad ognuno di trattenerla con sé. A ciascuno è dato di poterla rendere partecipe, ogni giorno, della propria esistenza terrena che, a volte, è tanto difficile: “A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? . . . Benedetta tu fra le donne” (Lc 1, 43. 42). Sì! Dio “ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome” (Lc 1, 48-49).

Giovanni Paolo II

 

 

 

 

5 Giovanni dal Ponte, l’incoronazione della Vergine, 1430, Galleria dell’Accademia, Firenze

 

...la Madre che ha generato il Signore, genera noi al Signore. È madre e rigenera nei figli lo stupore della fede, perché la fede è un incontro, non è una religione.

Papa Francesco

 

Donna, ricolma delle benedizioni di ogni creatura, tu sola sei la Madre di Dio. Tu La Regina dell'universo. Tu la dispensatrice di ogni grazia. Tu sei l'ornamento della Chiesa. In te è contenuta l'ineffabile grandezza di ogni virtù e dote. Tu sei il tempio di Dio, il Paradiso di Letizia, il modello di tutti i giusti, la Consolazione dei tuoi figli, la Gloria e la Fonte della nostra salvezza. Tu sei la Porta del cielo, la Gioia degli eletti, e l'Oggetto del grandioso piano di Dio per il suo santo Popolo.

San Bernardino da Siena

 

 

 

 

5 Gentile da Fabriano, Incoronazione della Vergine, 1420, Getty Center, Los Angeles

Regina del cielo vuol dire regina della terra, regina della verità della terra, della terra nella sua verità permanente, perché veritas Domini manet: la verità dell’Essere rimane. L’attesa del ritorno di Cristo - e questo ognuno di noi è chiamato a sperimentarlo - è la passione, la gioia, la speranza gioiosa di quel giorno quando tutto il mondo sarà veramente se stesso, tutta l’umanità Lo riconoscerà e Cristo veramente sarà “tutto in tutti”. Quel momento è il significato di tutto ciò che c’è, è il significato di tutto il tempo, di tutto ciò che si fa ed è il vertice, il cuore della speranza. Perché la gloria dell’uomo dipende da questo, in questa adesione l’uomo comincia a gridare la gloria di Dio. La nostra vita cerca la gloria perché è fatta per essa e la gloria non è qualcosa promesso per l’avvenire, ma è una promessa già cominciata e già adempiuta; e che si compie per noi nella misura in cui la nostra persona si offre e riconosce che la consistenza di tutto è Cristo. Il Paradiso non è altrove: sarà qui. Il Paradiso è la verità totale tra te e me, nel rapporto tra te e me; è la verità totale nel rapporto tra me e l’immagine che mi viene dal pensiero, tra me e le cose. Il Paradiso è una festa che «compie omne festo che’l core ha bramato».

Luigi Giussani

 

 

 

Beato Angelico, Incoronazione della Vergine, 1435, Galleria degli Uffizi, Firenze

 

...non esiste per l’uomo altra fonte di speranza, al di fuori della misericordia di Dio.

Giovanni Paolo II

 

Ella apre l’abisso della misericordia di Dio a chi vuole, quando vuole e come vuole; così che non vi è peccatore, per quanto iniquo sia, il quale si perda, se Maria lo protegge... Ma come potresti tu, Maria, ricusare di soccorrere i miseri, poiché sei la regina della misericordia? E chi mai sono i sudditi della misericordia, se non i miseri? Tu sei la regina della misericordia e io, essendo il peccatore più misero di tutti, sono il più grande dei tuoi sudditi.

San Bernardo di Chiaravalle

 

 

 

 

 

MISTERI DELLA LUCE

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